La vocazione è un’intuizione


Giovanni racconta come è avvenuta la sua “chiamata”

In occasione della 58ª Giornata Mondiale per le Vocazioni svoltasi il 25 aprile 2021, il nostro seminarista, Giovanni Grimoldi, ha condiviso la sua esperienza intervenendo durante l’omelia della messa domenicale. Riportiamo qui il testo del suo discorso.

Oggi è proposto a tutta la Chiesa di pregare per le vocazioni.
Propongo tre spunti per aiutarci nella preghiera e nella vita, partendo da quanto la liturgia propone e dal Messaggio scritto dal Papa in occasione di questa giornata – tre parole che sono opportunità per me di ri-leggere la mia storia, e spero possano essere d’aiuto a ciascuno.
Il Papa ci propone di guardare a San Giuseppe per comprendere meglio che cos’è la vocazione cristiana e per verificarla nella nostra vita; la sua vocazione è contraddistinta da tre elementi: il sogno, il servizio, la fedeltà.

1.VOCAZIONE E SOGNO

Per la vocazione di San Giuseppe sono fondamentali quattro sogni in cui egli riconosce la voce di Dio e segue le sue indicazioni. Cristo oggi ci dice: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono». La vocazione è innanzitutto il disegno che Dio ha per la nostra vita. Egli ci conosce, sa che cerchiamo – spesso confusamente – la felicità, e ci propone la strada migliore per conseguirla. D’altra parte, la vocazione non è imposta: occorre riconoscere i segni della Sua presenza nelle pieghe della vita. Per questo due cose sono essenziali: la preghiera e la vita nella comunità cristiana.
È questo che la lettura degli Atti ci testimonia descrivendo la vita della comunità cristiana come preghiera comune e giuda premurosa di Paolo.
Così è accaduto anche per me: durante gli anni dell’università è sorta in me l’intuizione che il Signore mi chiamasse a seguirlo totalmente. Per verificare questa intuizione mi sono confrontato con una persona che mi conosceva e mi stimava, e non mi ha consigliato nulla se non coltivare quest’intuizione nella preghiera e continuare a fare ciò che già stavo facendo – lo studio in università – provando a verificare innanzitutto nel quotidiano questa intuizione.

2.VOCAZIONE E SERVIZIO

San Giuseppe, dando credito alla voce di Dio, si è trovato a vivere come «ombra del Padre» per Gesù Cristo, per il Figlio di Dio.
Nel corso del tempo egli si rende conto di essere chiamato a un amorevole servizio. Si rende conto, cioè, che il modo per raggiungere la felicità è il dono di sé: per questo motivo la Chiesa lo chiama «castissimo sposo, svelando con ciò la sua capacità di amare senza trattenere nulla per sé».
Questa non è solo la vocazione di Giuseppe, ma anche quella di ciascuno di noi: scopriamo che siamo chiamati a essere felici attraverso l’autentico amore – possibile non per uno sforzo particolare, ma per il fatto che Dio ci ama per primo. Ci dice oggi Cristo: «Io do loro [a tutte le persone che ascoltano la sua voce] la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano».

La decisione definitiva di entrare in seminario, per me, è avvenuta non riflettendo e progettando, ma vivendo diverse esperienze in cui ho provato a mettermi al servizio, cioè provando a comunicare quanto di bello era successo nella mia vita.

3.VOCAZIONE E FEDELTÀ

La vocazione è dono di Dio che, nella misura in cui è accolto, permette di imparare a vivere amando. Proprio per questo il Papa indica una terza caratteristica di San Giuseppe: la fedeltà.
Come sa bene ogni sposo, l’amore per l’altro e per i figli non è dato una volta per tutte, ma va imparato quotidianamente, passando dentro circostanze liete o dolorose. La fedeltà nella vocazione è possibile nella misura in cui abbiamo speranza nel disegno di Dio – una speranza non vaga, ma fondata su fatti in cui si è reso per noi evidente il progetto buono di Dio sulla nostra vita.
«Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano»: è su questa parola, ascoltata e vissuta, che si fonda la speranza – e per questo possiamo essere fedeli al disegno di Dio.
Così possiamo comprendere le parole paterne di San Paolo a Timoteo: «Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio ai fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza… Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito… Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano».
È questo che sto verificando, non senza fatiche o cadute, in questi anni di seminario – e anche l’esperienza che sto vivendo qui a Sesto è per me fondamentale, e motivo di gratitudine.

In conclusione, ognuno di noi è chiamato a verificare nella propria esistenza la presenza amorevole di Cristo, coltivare il rapporto con Lui, per conformarci alla Sua disponibilità al disegno del Padre, disegno che si realizza attraverso l’adesione libera e amorevole di ciascuno, per incorporare, “tirare dentro” quanti incontriamo nella vita nuova che Lui rende possibile.

San Giuseppe ci suggerisce tre parole chiave per la vocazione di ciascuno.

La prima è sogno. Tutti nella vita sognano di realizzarsi ed è giusto nutrire grandi attese, aspettative alte piuttosto che traguardi effimeri – come il successo, il denaro e il divertimento – i quali non riescono ad appagare. In effetti, se chiedessimo alle persone di esprimere in una sola parola il sogno della vita, non sarebbe difficile immaginare la risposta: “amore”.

La seconda parola è servizio: la sua cura amorevole ha attraversato le generazioni, la sua custodia premurosa lo ha reso patrono della Chiesa.
Il suo servizio e i suoi sacrifici sono stati possibili, però, solo perché sostenuti da un amore più grande: «Ogni vera vocazione nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Anche nel sacerdozio e nella vita consacrata viene chiesto questo tipo di maturità. Lì dove una vocazione, matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione».
Oltre alla chiamata di Dio – che realizza i nostri sogni più grandi – e alla nostra risposta – che si attua nel servizio disponibile e nella cura premurosa -, c’è un terzo aspetto che attraversa la vita di San Giuseppe e la vocazione cristiana, scandendone la quotidianità: la fedeltà.

Giuseppe è l’«uomo giusto» (Mt 1,19), che nel silenzio operoso di ogni giorno persevera nell’adesione a Dio e ai suoi piani. In un momento particolarmente difficile si mette a “considerare tutte le cose” (cfr v. 20).

Papa Francesco in SAN GIUSEPPE
IL SOGNO DELLA VOCAZIONE




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