Il Consiglio si apre con la lettura del capitolo 7 del
Libro dei Giudici, dove si parla dell’attacco dei madianiti
da parte di Gedeone e di soli trecento uomini.
Questi dopo aver rotto delle anfore contenenti
delle fiaccole e al suono fragoroso delle trombe,
con l’aiuto del Signore, riescono a vincere. Don
Emanuele allora commenta: siamo chiamati a
dare un messaggio ed una “sveglia” alla comunità;
in che modo vogliamo farlo? Cosa vogliamo
rompere? Abbiamo il coraggio di portare ad una
rottura così che tutto non rimanga invariato ma sia
portatore di un cambiamento? Da cosa vogliamo
farci guidare?
Il Consiglio Pastorale deve dare lettura del territorio,
far conoscere e accogliere i bisogni intercettando
coloro che di solito non frequentano la parrocchia.
In questi ultimi tempi a causa della solitudine
che la pandemia ha portato, il rischio della comunità
è quello di avere uno sguardo depresso che porta
con sé poca fede e tante lamentele. Quindi, a partire
dalla lettera pastorale dell’Arcivescovo Delpini
occorre pensare a delle linee guida, che possano
aiutare la nostra comunità in tutti i suoi ambiti, un
pensiero che ci aiuti ad avere uno stile evangelico.
Le riflessioni di alcuni consiglieri ribadiscono l’importanza
di avere uno sguardo positivo sulla realtà
che ci circonda: puntare su celebrazioni significative,
momenti di aggregazione che coinvolgano molti,
offrire servizi utili sul territorio, così da poterci
far riconoscere e apprezzare.
Ciò non è facile perché in questo momento mancano
le risorse per portare avanti eventi nuovi, bisogna
partire da quello che abbiamo: sono le celebrazioni
eucaristiche e quelle dei sacramenti quei
momenti che ci connettono con il fuori.
Altri interventi riguardano lo stile che si vuol dare
alla comunità.
Ci deve essere un’apertura del pensiero verso l’altro,
una flessibilità nelle relazioni che mi porta a
sentirmi vicino a tutti. Allora come mai il lamento è
così diffuso? In fondo i primi cristiani sono partiti
semplicemente dal loro volersi bene e dal loro voler
stare insieme. La vera gioia nasce dalla relazione
con gli altri e allora come possiamo fare perché ci
sia armonia e comunione reale tra di noi? A volte
sono le parole, vere e sincere, che danno conforto,
che portano gioia e allo stesso tempo la trasmettono.
C’è anche il problema degli anziani che ora non
vengono più in chiesa: bisogna pensare anche alla
loro solitudine.
Don Emanuele sottolinea come Dio parta sempre
da una famiglia per creare una famiglia. Se c’è
un’eccellenza è lo stile familiare che noi possiamo
mostrare ed offrire, uno stile a misura d’uomo,
così che ognuno venga accolto come persona e non
come un numero. Dobbiamo imparare a vivere l’ordinarietà
e la parrocchia deve aiutare le persone a
vivere le fatiche e le gioie ad essa connessa.
Perché non pensare all’eccellenza nella celebrazione?
È lì che noi viviamo il cuore della fede e da lì
dovrebbe poi discendere tutto il resto.
fratelli è cura. Perchè l’accoglienza non basta bisogna
anche prendersi cura, cioè sostenere le persone
nel tempo ed essere perseveranti nelle relazioni.
Don Emanuele presenta poi il tema di come la comunità
e i laici fanno sentire la vicinanza alle persone
nel periodo natalizio.
Il messaggio da mandare è che la comunità c’è e sostiene.
Si potrebbe pensare ad un momento di preghiera
e benedizione da parte del Parroco nell’androne
del caseggiato in cui si presenteranno i laici
che poi andranno a fare visita alle famiglie.
Chi visita può diventare un punto di riferimento
per il caseggiato stesso, colui o colei che intercettano
i bisogni delle persone e che portano la testimonianza
della parrocchia.
Si è formata quindi una commissione che deciderà
sull’aspetto organizzativo.
Consiglio Pastorale Settembre 2021
In breve le decisioni del Consiglio Pastorale del 18 settembre 2021