Ma chi sono quei ragazzi che, tutti vestiti di bianco, compiono servizio all’altare? Cosa ci fanno lì? Il loro compito è celato ma fondamentale. Giuseppe Lanzi, veterano del mestiere e preparatore dei chierichetti, ci racconta la sua esperienza.
Per chi non lo sapesse ancora, il ministrante è una ragazza
o un ragazzo che ha compiuto i quindici anni,
che svolge un servizio alla comunità assistendo il prete
durante le celebrazioni. Nella nostra parrocchia poi,
essendo presente anche il gruppo chierichetti composto
dai bambini più piccoli, il gruppo ministranti presta
servizio soprattutto durante le celebrazioni più solenni
(come nel Triduo Pasquale o durante le celebrazioni
nel tempo di Natale). Per comprendere meglio cosa
significhi esattamente essere un ministrante, abbiamo
chiesto ad un ex ministrante di raccontarci quale sia
il significato di questo servizio e in generale della sua
esperienza. Si tratta del nostro caro Giuseppe Lanzi.
Giuseppe, quale è il compito del ministrante?
Al ministrante è chiesto di aiutare e collaborare con il sacerdote nello svolgimento delle azioni liturgiche che Gesù ci ha lasciato per la salvezza degli uomini. Perché ogni celebrazione sia ben fatta, va eseguita con calma, precisione ed attenzione. Il ministrante in questi compiti si comporta come vero discepolo di Gesù, qui impara ad essere un esempio generoso per tutti, sempre disponibile, pieno di gioia sia sull’altare come nella vita.Come assiste il ministrante alla celebrazione?
Dalla sua posizione sull’altare, il ministrante riesce a scorgere degli aspetti che dall’assemblea non è possibilenotare.Sull’altare si è un po’ più in alto e questo forse fa pensare di essere su un palcoscenico, ma non è così: la celebrazione non è uno spettacolo!
Certo è che gli occhi dell’assemblea sono rivolti verso l’altare e a chi vi sta attorno, questo deve far sì che ogni ministrante senta sopra di sé l’impegno di essere un esempio: più attento a calibrare bene i gesti, gli atteggiamenti, che non devono essere finti ma di vera partecipazione. Durante la celebrazione ognuno dovrebbe sentirsi partecipe: non è stato invitato lì semplicemente per sedersi ed alzarsi dalla sedia e ripetere qualche parola. Soprattutto per i giovani è importante fare il ministrante, impegnarsi nel coro, essere d’aiuto per sentirsi più partecipe e coinvolto.
Essere ministrante non significa solo servire durante la celebrazione, vuol dire anche sentirsi parte di un gruppo che, in quanto tale, condivide anche momenti di gioia e divertimento. Giuseppe, che bei ricordi hai di questa esperienza?
Me ne vengono alla mente tanti, è difficile sceglierne uno. La maggior parte sono ricordi buffi: un anno abbiamo fatto la processione solenne alla vigilia di Natale ed il sacerdote si è scordato di prendere il Bambin Gesù da deporre davanti all’altare e un ministrante è dovuto correre a prenderlo in sacrestia…
Un’altra volta abbiamo partecipato al raduno diocesano dei ministranti in Duomo a Milano.
Il Cardinale ci ha accolti all’interno, tutti erano vestiti da ministrante. Al termine dell’evento ha permesso a tutti di salire sulla terrazza del Duomo.
Mentre i giovani delle altre parrocchie si sono fermati a togliersi le vesti, i nostri di San Carlo, tutti bardati sono saliti di corsa per la stretta scala a chiocciola, di non so quante centinaia di gradini, e sono arrivati per primi sulla terrazza della cattedrale.
Per concludere, abbiamo dunque capito che il ruolo del ministrante è decisamente importante, perché è davvero di aiuto a chi prende parte alle celebrazioni per partecipare in modo sempre più attivo, favorendo che lo stesso ministrante sia ancor più coinvolto.
