Sabato 1 ottobre ha avuto luogo nel Duomo di Milano l’ordinazione diaconale di un gruppo di quindici giovani, tra cui Francesco Baroni, l’ “ex-seminarista” ospite nella nostra parrocchia dallo scorso anno, e che ci racconta qui parte della sua esperienza.

Di questi tempi riconoscere nella quotidianità motivi
dei quali gioire è decisivo. Ancor più rilevante
quando si tratta di occasioni che coinvolgono
un’intera diocesi! Sono momenti di particolare
gratitudine per la comunità, anche in questo periodo
storico in cui si percepisce un «sopravvivere
segnato dal malumore, raccontato con il lamento,
dipinto con il grigio».
Sabato 1 ottobre nel Duomo di Milano, l’Arcivescovo
mons. Mario Delpini ha presieduto l’ordinazione
diaconale di trenta giovani, tra i quali sono
stato chiamato a dire “Eccomi”.
Segno profetico, e ulteriore motivo di gioia, è stata
un’evidenza missionaria all’inizio del mese di ottobre
e nei giorni nei quali la metropoli lombarda ha
accolto il Festival nazionale delle missioni: insieme
a noi, quindici giovani diocesani che riceveremo
l’ordinazione presbiterale il prossimo 10 giugno
2023, l’Arcivescovo ha ordinato quattordici
candidati del Pontificio Istituto Missioni Estere
(PIME) e un giovane proveniente dal Bangladesh.

Questa comporta che con l’ordinazione diaconale si assuma l’impegno al servizio, fulcro centrale del ministero, sull’esempio di Cristo. Esso non viene meno con l’ordinazione presbiterale, bensì è dimensione assunta e vissuta con maggiore intensità dai presbiteri e, ancor più, dai vescovi.
Dopo gli anni di formazione, della quale la Chiesa si fa carico attraverso la comunità educante del Seminario e le parrocchie che ci accolgono e ci accompagnano, ogni candidato è chiamato a rileggere nella propria storia i segni dell’amore di Dio che lo attraggono nel riconoscere la libera e personale volontà di offrire la propria vita al servizio della cura del Vescovo per la Chiesa diocesana.
L’ordinazione che il Vescovo amministra è dunque la risposta della Chiesa a questo desiderio di servire: è proprio durante la celebrazione che i candidati manifestano pubblicamente la volontà radicale di conformarsi anzitutto a Cristo, esempio del vivere a servizio.

Penso che questa esortazione sia in grado di esprimere bene lo stile con il quale sento di aver vissuto questo passaggio fondamentale e radicale nella mia vita. La certezza di sapermi amato da Dio per quello che sono, ancor più nella mia pochezza e limitatezza, ha alimentato in me la fiducia e ho davvero fatto esperienza della pace che sazia il cuore.
Non nascondo l’attesa trepidante divenuta gioia incontenibile: con naturalezza è emersa una traboccante gratitudine data nel riconoscere la grazia, presente nella mia storia personale e condivisa quanto più possibile con le molte persone che ho avuto modo di incontrare in questi anni.
Nel desiderio di corrispondere a quell’amore, che fin dall’infanzia si è mostrato a me come un tesoro troppo prezioso per essere ignorato, passando dalla decisione di intraprendere in seminario un cammino di verifica di quelle intuizioni che sentivo rilevanti per trovare il senso nella mia vita, sono arrivato alla soglia dell’ordinazione diaconale molto più consapevole di me stesso, delle potenzialità acquisite, dei doni e delle fragilità che fanno parte di me e con le quali non smetterò di confrontarmi. Sono ancor più consapevole che a sostenermi è la fede nel Dio che ho incontrato e che si è mostrato a me nella gratuità e nella fedeltà del suo amore che opera senza misura nella mia vita e nella vita di ciascuno.