Abbiamo appena terminato il corso biblico decanale leggendo il ciclo del profeta Elia, una delle figure più eminenti della Prima Alleanza, una figura capace di ispirare anche in un tempo come quello attuale sempre più scettico e disincantato.
La missione di Elia ha inizio con una grande siccità. È Dio che l’ha causata e il profeta fa proprio questo richiamo all’Israele antico: “Senza Dio non ci può essere vita”.
L’aridità della terra a seguito della siccità, di cui anche oggi sperimentiamo gli effetti nefasti, lo squilibrio che è in atto nella natura dove si alternano effetti climatici dirompenti, rimandano a quella condizione di aridità spirituale che in tanti percepiamo. Tanti invocano iniziative di peso, maggiore presenza, una forte ed energica azione capace di svegliare, coinvolgere, abbracciare, rimettere in moto relazioni, amicizie, eventi sociali e comunitari. Altri si lasciano vincere dall’indolenza e si accomodano sulle poltrone i sui divani di casa propria.
Altri demoralizzati e depressi, gettano la spugna pensando di non avere molte soluzioni.
Come una sorta di cappa grigia che rende tutti un pò scontenti, delusi e molto nervosi, si fatica molto per ottenere poco.
Forse la fede non ha soluzioni, ma credo ci possa insegnare la postura corretta per rimanere saldi.
Occorre sì esercitare un po’ di sana resistenza, possedere un alto profilo morale che contrasti il cinismo dilagante, credo però che la semplice fedeltà a ciò che di buono abbiamo incontrato e sperimentato nella vita sia la modalità più efficace.
In tanti ci domandiamo: che tempo è mai questo?! E mi sembra bello rispondere: è il tempo della fedeltà, ed essa diventa vera quando è messa alla prova.
Per me è il Vangelo di Gesù, il pane più buono che ogni giorno, mi salva dall’assurdità che mi circonda, proprio come Elia che deluso e depresso dalle tante sconfitte sotto l’ombra di un arbusto riceve il pane e acqua per arrivare fino in fondo.
Che dire allora di questo tempo?! È un tempo da benedire, come ci richiama l’arcivescovo nello scritto che ci ha indirizzato all’inizio dell’anno pastorale, perché la vita in quanto ricevuta è degna di essere vissuta con gratitudine e responsabilità.
Don Emanuele.
